Oggi abbiamo con noi Andrea Roncari, autore del nuovissimo libro Project Exercise, http://www.projectinvictus.it/project-exercise/, e abbiamo fatto una lunga e approfondita chiacchierata che, per te, può essere una vera lezione di biomeccanica.

Project Exercise

Project Exercise

Goditela.

– Ciao Andrea, raccontaci un po’ di te. Come ti è venuta la voglia di scrivere un libro?

Ciao a tutti. Sono un appassionato di sport e attività fisica che è riuscito a fare della propria passione un mestiere attraverso un percorso in crescendo. Tutto è iniziato un po’ per caso, da semplice frequentatore di palestra appena maggiorenne. La voglia di imparare, la curiosità e lo spirito critico hanno fatto il resto e così mi ritrovo oggi a occuparmi di fisioterapia e allenamento dopo un lungo e stimolante percorso accademico. Sono un grande lettore, divoro libri ogni mese e fin da piccolo mi cimentavo nella scrittura di brevi racconti: diciamo che scrivere un libro è sempre stato un mio sogno e mi ha permesso di unire le qualità umanistiche con quelle tecnico-scientifiche del mio lavoro. Un mix che permette di veder fiorire tutte le mie potenzialità.

– Perché un nuovo libro sull’esecuzione degli esercizi?

Quello delle esecuzioni degli esercizi è un argomento tanto complesso quanto caotico. Ad oggi, nonostante esistano numerosi testi che hanno affrontato l’argomento, permane una certa confusione tra gli appassionati e i professionisti e purtroppo si tende ad affidarsi a strumenti poco oggettivi per dirimere le questioni (per esempio le dimensioni muscolari o il carisma del guru di riferimento). Molti esercizi in palestra sono caratterizzati da indicazioni totalmente discordanti ed effettivamente non si capisce chi abbia ragione e perché. Fortunatamente la biomeccanica è invece una materia scientifica e oggettiva e applicandola agli esercizi si può fare ordine. Fare ordine però significa semplificare i concetti complessi per renderli fruibili nella pratica: è ciò che ho provato a fare con il mio libro.

– Da cosa differisce rispetto agli altri?

Il libro differisce dagli altri per numerosi aspetti che ne fanno, a mio parere, il punto di forza. In primo luogo il libro parte dalla realtà della palestra e non dalle aule accademiche, affronta dubbi molto famosi nell’ambiente che gli appassionati riconosceranno immediatamente. A partire da questi dubbi cercherà di fare chiarezza applicando materie accademiche alla pratica. Approccerà alla materia, dunque, senza distacco ma non per questo in maniera meno rigorosa. In secondo luogo il libro affronta le questioni senza etichettare gli esercizi come “giusti” o “sbagliati”, “sicuri” o “pericolosi”. Di ogni variante esecutiva vengono chiariti gli accorgimenti per favorire l’attivazione muscolare del muscolo target e per diminuire il rischio di infortunio, usura articolare o disfunzione. Un libro quindi che unisce materie classiche come anatomia e fisiologia con quelle meno conosciute come la clinica-riabilitativa e i disturbi muscolo-scheletrici. Spesso la fisioterapia, se adeguatamente interpretata, può aiutare molto il mondo della palestra sia per migliorare gli stimoli muscolari che per prevenire gli infortuni nel lungo periodo.

– Lo hai scritto con Paolo Evangelista, come vi siete divisi il lavoro? Da cosa differisce dal precedente libro di Paolo Evangelista, DCSS?

In realtà il libro l’ho scritto interamente io per entrambi i suoi volumi. Paolo ha dato una mano fondamentale nel curare la grafica e l’impaginazione, dando un valore aggiunto a un testo che fa dei disegni anatomici e delle illustrazioni un indiscutibile punto di forza. Sono davvero orgoglioso di aver collaborato con lui, pensate che ancora studente di scienze motorie studiavo su DCSS e assistevo ai suoi interventi in Statale a Milano. Potete immaginare cosa ha significato per me collaborare con lui nella preparazione del libro.
Project Exercise è molto diverso da DCSS. Il libro traccia un percorso didattico nel quale all’inizio si insegna ad analizzare un movimento e poi successivamente si riportano tali conoscenze nella pratica di tutti gli esercizi di fitness e body building e non solo dei grandi multiarticolari. Come detto, inoltre, ogni capitolo è diviso per gruppi muscolari e, dopo aver posto le basi teoriche per la comprensione, parte ad applicare la teoria partendo dai dubbi classici della sala attrezzi. Il libro ha un approccio misto prestativo/preventivo conforme al lavoro da svolgere nella stragrande maggioranza dei centri fitness della nostra epoca. È un libro sia per l’appassionato, sia per lo studente, sia per il professionista: un manuale teorico/pratico per lavorare come si deve quando si insegna un esercizio in palestra, imparando a padroneggiare gli argomenti in maniera credibile.

– Un fisioterapista abituato a lavorare su soggetti “non del tutto sani” può insegnare qualcosa ai soggetti sani? Siamo sicuri che le regole siano le stesse?

Bella domanda. In primis io non nasco come fisioterapista bensì come personal trainer abituato ad avere a che fare con soggetti sani e spesso atletici. Questo punto di partenza, a mio modo di vedere, mi ha salvato da quella reale assurda tendenza di alcuni fisioterapisti a considerare la palestra come un serbatoio di articolazioni infortunate e niente più. Effettivamente il fisioterapista che ha un’estrazione esclusivamente clinica e non ha esperienza con persone sane tende ad avere una visione del corpo umano eccessivamente fragile e tende e non comprendere le dinamiche di un centro fitness. La mia visione a 360° dell’argomento, avendo esperienza e titoli in entrambi i settori, mi ha aiutato a prendere il meglio da entrambi gli ambienti e mettere a disposizione questa mix di competenze all’interno del libro e nell’attività lavorativa. Il movimento umano è il medesimo sia in clinica che in palestra, il segreto però è sempre contestualizzare utilizzando competenza e buon senso.

– Un po’ di tempo fa si usava allenare i sollevamenti laterali col verso del “versare l’acqua con la bottiglia”, cioè palme delle mani paralleli al pavimento e ruotando la mano per portare il mignolo in su in alto. Da un po’ di tempo si è capito che è meglio eseguirlo con il pollice in alto. Ma davvero si necessita di questa accortezza con carichi bassi (quanto carico può sollevare una persona normale non agonista in una palestra commerciale?), o è una eccessiva attenzione ai particolari?

Direi che, come sempre, è bene contestualizzare. Molto spesso l’esecuzione “versa l’acqua” è eseguita inconsapevolmente associando la pronazione dell’avambraccio all’abduzione dell’omero che avviene in rotazione neutra. In questo caso direi che non ci sono rischi significativi per la spalla. È importante però evitare esecuzioni con una reale intrarotazione (pollici in basso) che alzano effettivamente il rischio anche con carichi bassi in soggetti predisposti. Per il resto direi che per la maggioranza degli utenti di un centro fitness l’esecuzione con pollice in alto (extrarotazione parziale) sia sensata e più funzionale, abbandonando comunque il partito dei “terroristi” che etichettano come “spaccaspalle” qualsiasi altra esecuzione (esercizi nei quali si solleva molto, come panca piana o military, hanno un rischio intrinseco maggiore specie se mal eseguiti). Io la propongo sempre sia in ambito fitness che soprattutto riabilitativo, ma consiglio anche di eseguirle in rotazione neutra (palmi delle mani verso il basso) se l’obiettivo è reclutare meglio il deltoide mediale in soggetti agonisti o alla ricerca di maggiori dettagli muscolari.

– Nel tuo campo, in quale esercizio hai visto fare più disastri? Cioè, le persone che vengono da te per cura, da quale esercizio hanno avuto più danni?

Sicuramente la spalla è l’articolazione che più di frequente tratto in soggetti che si allenano in palestra. In questo contesto la Panca Piana con bilanciere eseguita in maniera disorganizzata è forse l’esercizio che, per molte ragioni, alza maggiormente il rischio infortunio nel breve e nel lungo periodo. Seguo parecchi soggetti che si rivolgono a me proprio perché lamentano da tempo dolore durante questo esercizio. Ad ogni modo direi che non sempre è facile trovare un “colpevole”: in palestra si ha spesso a che fare con lesioni da usura articolare provocate da una somma di eventi stressanti sull’articolazione che perdurano nel tempo. Ogni caso quindi fa storia a sé e va attentamente valutato.

– Rematore e trazioni, davvero c’è la differenza tra esercizi di spessore e ampiezza del dorso? Le fibre del gran dorsale o si contraggono o non si contraggono, o si ipertrofizzano o meno, davvero esiste questa differenza?

Direi che la suddivisione “ampiezza e spessore” è abbastanza pittoresca e nasce semplicemente dalle sensazioni sotto carico. L’analisi dei movimenti riporta sempre il contendere su un piano più razionale. Eseguire esercizi per il gran dorsale con la presa stretta determina una maggiore estensione dell’omero e di conseguenza una maggiore adduzione di scapola: ecco che gli adduttori di scapola raggiungeranno un maggiore accorciamento e la sensazione di lavoro muscolare sarà maggiore nel cosiddetto “centro schiena”. Viceversa, con presa larga, il movimento è un’adduzione dell’omero, la scapola si adduce meno e “sentiamo” lavorare posteriormente alla spalla (grande rotondo e giunzione mio-tendinea del gran dorsale): da qui nasce il mito dell’ampiezza. Credo sia una suddivisione da abbandonare. Alternate presa larga e presa stretta per reclutare tutti i muscoli della schiena con diversi angoli di lavoro senza credere che a seconda dell’esercizio scelto la schiena vi si sviluppi in ampiezza o in spessore come fosse un parallelepipedo. Il gran dorsale si attiva sempre se l’esercizio prevede un movimento di adduzione (presa larga) e/o di estensione dell’omero (presa stretta) ma non si attiva a pezzi.

– Per le spalle sono migliori le distensioni con manubri o il military con bilanciere, biomeccanicamente parlando?

Direi che il giudizio non può essere basato sul sovraccarico utilizzato, bensì sulla precisione dell’esecuzione. Entrambi gli esercizi prevedono lo stesso movimento di flessione/abduzione dell’omero, movimento che deve rispettare le regole del ritmo scapolo-omerale. È fondamentale per entrambi che la scapola si muova nel modo corretto durante la spinta. Perché avvenga ciò è necessaria un’attenta supervisione con un occhio fine. Questo farà la differenza indipendentemente dall’attrezzo utilizzato.

– È vero che dalla nascita delle competizioni di distensioni su panca piana sono esplosi i problemi alla cuffia dei rotatori?

Non so dirti se ci sia una correlazione diretta in tutto ciò. Sicuramente la Panca Piana è un esercizio critico se non eseguito con precisione e dopo un adeguato periodo di apprendimento. È alla portata di tutti fin da subito e si può caricare molto. La spalla si sobbarca tutte le forze e se non tutelata attraverso una serie di accorgimenti può sicuramente andare incontro a problemi. È chiaro che un aumento della sua diffusione possa comportare un aumento di queste problematiche in chi non può beneficiare di un’adeguata supervisione.

– Per quanto riguarda le trazioni, le migliori trazioni per me sono quelle agli anelli (per bicipiti e dorso), che ne pensi tu?

Mi trovi molto d’accordo, anche se lo sono soprattutto da un punto di vista articolare. Le trazioni agli anelli, infatti, permettono uno svincolo dell’avambraccio che può così effettuare importanti movimenti associati al gomito: flessione-supinazione, estensione-pronazione. L’esecuzione di questi movimenti associati rispetta maggiormente le dinamiche intrarticolari del gomito diminuendo gli stress potenzialmente lesivi. Ovviamente sono anche un ottimo esercizio per bicipiti e dorso, se eseguite nella maniera corretta.

– Quale tipo di rematore ritieni più valido a livello di costruzione muscolare? A che angolazione inclinare il busto? Parallelo al pavimento?

Ritengo il più valido quello che, in base alle caratteristiche del soggetto, può essere eseguito nella maniera migliore per reclutare i muscoli target. Il busto sarebbe meglio portarlo il più possibile parallelo al pavimento per ragioni di escursione di movimento: il rematore è un esercizio di per sé a range dimezzato per cui è importante non ridurre ancor di più l’escursione. Il rematore in piedi necessita subito di un ottimo schema corporeo, un’ottima mobilità e una buona forza per mantenere una postura sicura e funzionale al reclutamento muscolare. Non tutti riescono a fare ciò e per questo un rematore con manubrio o con bilanciere ma da prono appare più accessibile e consigliabile nei centri fitness.

– Panca piana con presa stretta: è vero che con gomiti larghi entrano in gioco i fasci clavicolari del petto?

La Panca con presa stretta per sua natura è un ottimo esercizio, anche consigliato dalla letteratura, per coinvolgere i fasci clavicolari del gran pettorale. La presa che consiglio è quella larga quanto il busto e i gomiti stretti preservando l’allineamento gomito-polso durante l’alzata. Il fatto di tenere i gomiti larghi per via di una presa eccessivamente stretta più che far entrare in gioco il pettorale (che già di per sé si attiva in maniera importante) impedisce l’ottimale allineamento articolare dell’arto superiore aumentando le forse di taglio in particolare sul polso.

– Ma davvero può spostarsi il lavoro da un fascio all’altro del muscolo? Il muscolo non si contrae sempre tutto o niente?

Dipende dai muscoli e dai movimenti eseguiti. Alcuni muscoli come il gran pettorale, per esempio, sono antagonisti di se stessi per alcuni movimenti: i fasci clavicolari flettono la spalla, i fasci sterno costali la estendono a partire da una massima flessione (vedi trazioni alla sbarra); quindi è chiaro che ci saranno movimenti che attiveranno una parte e non l’altra e viceversa. Ovviamente questo ragionamento va fatto con criterio e razionalità, sempre analizzando i movimenti a partire da nozioni fondamentali come origine, inserzione e funzione del muscolo interessato. Altrimenti si rischia di credere a bufale storiche come il “bicipite alto” e il “bicipite basso” o il “petto esterno” e “petto interno”.

– Qual è il limite di arrivo nella fase concentrica delle trazioni alla sbarra? Mento sopra o sotto la sbarra?

Per chi ha esigenze ipertrofiche, non è determinante arrivare col petto alla sbarra. Io consiglio di superare la sbarra col mento per garantire una buona escursione ma, a mio parere, per un buon reclutamento del gran dorsale è ancor più importante l’assetto del tronco (scapole addotte e depresse) e l’immagine motoria che utilizziamo nell’eseguire l’esercizio (“spingere i gomiti verso il pavimento”) piuttosto del punto di arrivo del mento.

– Trazioni agli anelli e/o alla sbarra con presa supina: noi crediamo che con essi il bicipite brachiale lavori in modo ottimale, alcuni pensano che si possa limitare il loro lavoro in favore del gran dorsale (i folli che pensano di annullare il loro lavoro, li lasciamo da parte). Non è follia credere che con le trazioni agli anelli i bicipiti non vengano usati appieno?

A mio parere, in un contesto di catena cinetica chiusa qual è una trazione alla sbarra, sia con anelli che classiche, la determinante è l’immagine motoria dell’esercizio. È importante pensare a spingere verso il basso i gomiti (estensione dell’omero) se si vuole enfatizzare l’azione del gran dorsale e limitare invece l’azione del bicipite che, come precisavi giustamente tu, non è comunque neutralizzabile nel movimento. Al contrario, una trazione eseguita senza assetto corretto e pensando a tirarsi su “dai polsi” favorisce maggiormente la flessione di gomito all’interno della catena cinetica: eseguite in questo modo le trazioni supine sono un ottimo esercizio per i bicipiti e meno efficace per il gran dorsale (nonostante si attivi comunque, il mio è un ragionamento sull’enfasi muscolare in ambiente body building sia chiaro).

– Military press con incastro completo, buoni o meno per i tricipiti?

La military è un ottimo multiarticolare che coinvolge indubbiamente anche i tricipiti in maniera importante. L’incastro completo è sicuramente l’esecuzione da me consigliata anche se effettivamente può ridurre la tensione sul muscolo e, in un contesto di ipertrofia muscolare, la tensione costante è un parametro importante. A mio parere nei principianti è importante concentrarsi sulla tecnica e quindi favorire l’incastro e completare il movimento di estensione del gomito: in questi soggetti, ancora immaturi dal punto di vista motorio, la richiesta di non estendere i gomiti completamente per favorire una tensione muscolare costante potrebbe sporcare l’esecuzione e ostacolare l’apprendimento motorio. Il tricipite riceverà comunque un ottimo stimolo muscolare. Una volta appresa e consolidata la tecnica quello di non raggiungere l’incastro completo può essere una buona strategia come variante in soggetti privi di alcun tipo di problematica tecnica o disfunzione articolare.

– Io, tempo fa, ho avuto un brutto e fastidioso infortunio ai muscoli della cuffia dei rotatori…. Sovrallenandoli con l’alzata della cosiddetta “apertura a L”. E non avevo problemi ai suddetti muscoli prima di allenarli. Mi ero fatto prendere dalla moda del “rotatori per tutti”. Non è che si è esagerato consigliarli a tutti? E davvero si riesce a capire chi ne ha bisogno osservando il loro atteggiamento “a scimmia” Con braccia iperpronate e volte verso la parte posteriore del corpo?

Assolutamente sì, gli esercizi in extrarotazione per la cuffia sono sicuramente un grande falso mito del mondo della palestra. Proporli a prescindere a chiunque, sintomatici o asintomatici, non ha molto senso poiché l’eccessiva rigidità degli extrarotatori è una condizione che molto di frequente determina un allineamento alterato della testa dell’omero nella glena, predisponendo così all’infortunio nei movimenti overhead e “di spinta”. Abusare di questi esercizi, conferendoli poteri magici, può essere non solo inutile ma anche controproducente.
L’anteposizione delle spalle può essere un indizio della rigidità di questi muscoli o di una loro debolezza ma non può darci certezze. Per avere certezze bisogna somministrare l’apposito test di lunghezza e procedere a una valutazione dei movimenti accessori della testa dell’omero. Ad ogni modo consiglio sempre una collaborazione tra figure professionali in ambiente fitness quando sorgono queste problematiche e non improvvisare trattamenti fisioterapici preconfezionati possono nuocere alle persone.

– Andrea, sei stato splendido nel rispondere alle mie domande. Grazie per il prezioso tempo che ci hai dedicato e buona fortuna per il tuo libro. Spero possa aiutare tanti a capire come allenarsi!

Grazie a voi per la disponibilità e la visibilità che mi avete offerto. Spero anche io che il libro possa aiutare tutti gli appassionati a capire meglio le affascinanti dinamiche degli esercizi coi sovraccarichi in palestra.

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